shibori
Le
tecniche di tintura a riserva del tessuto, comunemente note come Tie
& Dye, sono state sviluppate e utilizzate per secoli, ovunque nel
mondo (1).
Ma
più della metà delle tecniche conosciute sono originarie del
Giappone.
Il
Tie & Dye fu introdotto in Giappone all’incirca 1300 anni fa
dalla Cina, insieme con lo stile d'abbigliamento, e fu interpretato e
contestualizzato in un modo particolare (2).
Prese
il nome di Shibori (dal verbo “shiboru” - torcere, strizzare,
pressare).
Uno
dei più famosi centri di produzione dello shibori è la cittadina di
Arimatsu, nel distretto di Nagoya (regione di Chubu, isola di
Honshu).
Arimatsu
si sviluppò su un più antico insediamento situato lungo la Tokaido
road, la grande via di comunicazione, che storicamente collega Tokyo
a Kyoto.
Lo
sviluppo del borgo risale all’inizio del 1600 (Epoca Edo
1615-1868).
Nel
1603 Tokugawa Ieyasu venne nominato Shogun dall’Imperatore e
stabilì la sede della capitale a Edo (l’odierna Tokyo).
Ai vari
signori feudatari del paese era richiesto di recarsi spesso a Edo,
per lunghi periodi; questo diede inizio ad un movimento di uomini e
merci lungo le grandi strade che tagliavano il paese.
Sulla
Tokaido Road fu costitutita una rete di 53 stazioni, ove i
viaggiatori potevano fermarsi durante i loro viaggi e trovare
ristoro.
Le
53 stazioni sono state celebrate ed immortalate da molti artisti, tra
cui Ando Hiroshige;
Arimatsu è la n°41.
Originariamente
lo shibori fu un arte povera, utilizzata dalle classi meno abbienti
che non potevano permettersi tessuti costosi, nè tantomeno cambiare
regolarmente gli abiti consumati. Nacque quindi l’uso di riparare i
vecchi abiti e ritingerli, e l’arte dello shibori fu il mezzo per
dare un nuovo aspetto a vecchi tessuti ed abiti usati.
Lo
shibori si sviluppò in seguito lungo due strade separate: come
metodo di decorazione della seta, impiegata nella produzione dei
kimono per l'aristocrazia (soprattutto a Kyoto), e come arte
popolare, differenziandosi da regione a regione.
Nel
lungo periodo di pace dell’epoca Edo, diverse forme artistiche
fiorirono, e i tessuti di Arimatsu divennero in breve molto famosi:
erano unici e pratici, e facevano concorrenza alle costose sete
shibori multicolori, prodotte a Kyoto.
Con
la modernizzazione e con l’introduzione della meccanizzazione su
larga scala nell’industria tessile, che seguì la Restaurazione
Meiji (1868-1912), si sviluppò l’uso di macchinari per migliorare
l’efficienza nella produzione dello shibori, che continuava però
ad essere frutto di un processo estremamente laborioso, e di
conseguenza costoso.
Dall'altra parte, la nascita della rete
ferroviaria decrementò in modo consistente il traffico sulla Tokaido
road, minacciando seriamente l'industria di Arimatsu.
Sebbene
la depressione successiva alla 2° guerra mondiale avesse ridotto la
domanda dei costosi manufatti shibori, il boom economico del 1960 ha
visto un ritorno di popolarità del kimono ed una crescita di domanda
di artigiani specializzati.
Se
Kyoto è sempre stata famosa per le sete tinte più costose e
preziose, ad Arimatsu gli artigiani hanno sviluppato la loro ricerca
sperimentando nuove tecniche e nuovi materiali, ottenendo
considerevoli successi a livello mondiale.
Tuttavia
con l’avvento delle fibre artificiali e sintetiche e della
produzione e tintura industriale dei tessuti, Arimatsu non ha potuto
competere a lungo e su larga scala come nel passato.
Lo
shibori è tornato quindi ad essere un prodotto artigianale di alta
qualità e alto prezzo, riservato ad un mercato di nicchia.
Nei
secoli la tradizione si è tramandata all’interno delle famiglie,
che ancora oggi sono specializzate ognuna in una diversa lavorazione
o aspetto della produzione.
Ogni
pezzo di tessuto shibori è dunque il risultato del lavoro coordinato
di più persone: dal disegno iniziale, al processo di annodatura o
piegatura, alla tintura e asciugatura, alla slegatura dei nodi, al
finissaggio del tessuto, ed infine dalla confezione alla
commercializzazione.
Nel
2010 Arimatsu ha festeggiato i suoi “primi” 400 anni di attività.
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La
tecnica base dello shibori prevede la trasposizione del disegno
scelto su tessuto (normalmente per la confezione di kimono e yukata
vengono impiegati seta, cotone o lino).
L'artigiano
deve poi disegnare migliaia di minuscoli punti che seguono il
contorno del disegno. Ognuno di questi punti verrà successivamente
legato, separandolo dagli altri.
La
legatura di punti del tessuto con nodi molto stretti, crea aree di
”riserva” in fase di tintura.
Un
artigiano può realizzare dai 50.000 ai 200.000 nodi su una pezza da
kimono (3), impiegando come minimo dai 4 ai 6 mesi.
Quando
il tessuto è completamente legato, si passa al processo di tintura,
che può essere molto elaborato nel caso i colori fossero più d'uno.
Una
volta asciugata, ed il filo di legatura è rimosso, la pezza passa al
finissaggio a vapore per la stabilizzazione.
Nessuna
pezza risulta uguale ad un'altra, ognuna è un pezzo unico.
Ci
sono circa 15 differenti tipi di tecniche ed ognuna è così
complessa che una persona non potrebbe impararle tutte nell'arco
della vita.
Agli
aspiranti artigiani è richiesta una pratica di almeno 3 anni per
acquisire le basi delle tecniche. Tra gli esperti anziani c’è chi
pratica da più di 60 anni.
Tutto
il lavoro è realizzato a mano (in rari casi con l’ausilio di
qualche semplice macchinario); quindi, anche se il disegno è lo
stesso, il grado di abilità dell’artigiano o l’esperienza nel
processo di tintura produrranno differenze nel risultato finale.
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La
speciale caratteristica della riserva ottenuta con lo shibori è un
disegno dal contorno morbido, indistinto, piuttosto differente da
quello ottenuto con lo stencil o la pasta di riserva o ancora con la
tecnica batik.
Il
tintore lavora di concerto con i materiali, quasi lasciando loro
piena libertà di espressione.
Ed un elemento imprevisto è sempre
presente.
Tutte
le variabili connesse con la messa in forma del tessuto e tutte le
influenze che controllano gli eventi in fase di tintura, fanno sì
che il processo dello shibori sfugga in parte al controllo umano.
Un'analogia la possiamo trovare, per esempio, nel processo di creazione
della ceramica Raku.
Lo
shibori consente non solo di creare disegni a riserva sul tessuto, ma
anche di trasformare la sua superficie da bidimensionale a
tridimensionale.
Parlando
di shibori, quindi, ci riferiamo ad ogni processo che lasci una
“memoria
sul tessuto”,
un segno permanente della particolare forma di “riserva” che si è
scelta, sia nel disegno sia nella sua struttura.
Oltre
ai metodi tradizionali, infatti, lo shibori include processi ad alta
tecnologia come il trattamento termico ad alte temperature del
poliestere (reso celebre dalle creazioni di abiti plissettati di
Issey Miyake); la modificazione di tessuti metallici (sempre per
effetto di alte temperature); l’infeltrimento, che rende possibile
trasformare i tessuti naturali conferendo loro forme tridimensionali;
lo “weaving resist”, tecnica estremamente complessa, dove il
filo di ordito viene ”tirato” per increspare il tessuto e creare
zone di riserva al colore; il devorè su tessuti misti, dove solo la
parte non riservata viene dissolta con agenti chimici.
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(1) Tre termini sono internazionalmente usati per descrivere tre metodi simili allo shibori:
Plangi, un vocabolo di origine malese-indonesiana che descrive il processo di increspatura e legatura del tessuto;
Bandhani, un vocabolo indiano che definisce il processo di “pizzicatura” e legatura del tessuto in piccoli punti;
Tritik, ancora una tecnica tipica dell'area malese-indonesiana, di riserva creata con cucitura ad ago.
(2) Il periodo Heian (平安時代 Heian jidai) è compreso tra l'VIII e il XII secolo (794-1185). Culturalmente è uno dei più importanti della storia del Giappone, proprio perchè durante questo periodo l'assimilazione delle influenze cinesi si trasformò in un processo di stimolanti interpretazioni locali, da cui maturarono i caratteri tipici dell'arte giapponese.
Questo periodo prende il nome dalla città di Heian-kyo (l'attuale Kyoto), ove fu trasferita la capitale dalla città di Nara, e rappresenta l'apogeo dell'elegante vita di corte.
(3) lunghezza delle pezze:
per haori dai 9 ai 10 mt
per kimono da 11,5 a 14 mt e oltre (dipende dal modello di kimono)
cimossa:
da 31/32 cm. circa a 36/37 cm. per donna
da 34/36 cm. ai 40 cm. circa per uomo