scarpe così


Tra Piemonte e Val d'Aosta

SCAPIN, PIUN, SCUFUN, SOCK: nel raggio di pochi chilometri, intorno al Monte Rosa, la stessa pantofola cambia nome.
Italiani di varie regioni, belgi, polacchi, venezuelani descrivono la stessa calzatura, realizzata a volte con specifici materiali locali.
Con loro ho scambiato informazioni, confrontato tecniche e piccoli “trucchi del mestiere”;
ho condiviso ricordi di calzolai dalle mani callose, ma delicatissime, e di donne dal piglio forte ed esperto nella lavorazione delle pantofole di tradizione. Luigi

Due anni fa, girando tra le bancarelle della Foire de saint Ours ad Aosta (appuntamento annuale dell'eccellenza artigiana valdostana), mi sono imbattuta in un signore che proponeva scarpine in stoffa di sua produzione: Luigi, ribattezzato subito il "re degli scapìn".
E gli scapìn sono diventati il mio chiodo fisso!
Un mondo affascinante, fatto di saperi e gesti a me sconosciuti, di storie da raccontare, di strade e di gente che le ha percorse.
Con l'aiuto di Luigi ho capito quanta tecnica può esserci in una calzatura all'apparenza tanto semplice.
Abbiamo provato materiali diversi, forme, metodi di accoppiamento dei tessuti, modelli.
Ho imparato a realizzare una tomaia e a studiare un disegno o un ricamo per una superficie così limitata (ma la sfida è aperta: prossimamente le infradito...).
Un piccolo progetto portato avanti con determinazione e passione, competenza e mestiere. Lucia

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Per fare gli scapìn serve un po' di stoffa, della corda ed un ago: facile immaginare che dappertutto e da millenni si siano fabbricate queste calzature.
Con una corda più spessa si trapunta la suola, con una più sottile la si attacca alla tomaia. Una tecnica così elementare può ispirare infinite soluzioni e varianti e si può applicare a innumerevoli materiali.
Le scarpe di "Mi vesto così", ribattezzate "SCARPE COSì", sono confezionate interamente a mano (le tomaie da Lucia, le suole e l'assemblaggio da Luigi), con le procedure sotto descritte.

Due i modelli proposti: la classica scarpina con suola “incordata” e il modello tipo espadrilla con suola liscia, abbinata ad una para leggera.

SUOLA - Ho usato una corda di sisal a tre capi; ho alternato strati di tela piuttosto rigida ad altri di velluto compatto e morbido. La consistenza della corda ed una certa cura nella disposizione dei punti assicurano al piede un appoggio confortevole e un lieve effetto di molleggio.

TOMAIA – Ho utilizzato vari tipi di tessuto con diverse modalità di accoppiamento: tela di canapa, lino grezzo, felpa di cotone, kashmire, seta.
La sfida è stata quella di svincolarsi dalla trapuntatura degli strati, avendo così più libertà nella decorazione del tessuto.

ASSEMBLAGGIO – Anche per il montaggio e la cucitura la tecnica usata è “basica”: la tomaia viene accostata alla suola e cucita punto dopo punto. Si ottiene così un solido ancoraggio e la possibilità per il piede di disegnare la propria “impronta” direttamente sulla suola.



“mi vesto così”, agosto'16